Nel salotto buono
il tintinnare delle tazze
da tè
l'aroma di moka etiope
lo sguardo azzurro
dal ritratto
appeso alla parete
gli smalti
delle medaglie
fragile scudo al cuore
gli occhi sereni
scrutano le figure
compunte
la nobil donna
prigioniera dei modi
controllando le lacrime
quasi sorride
a quanti la salutano
sottovoce
le figlie quasi singhiozzando
nelle pause del pianto
ricordano
le trascorse estati
i ciocchi nel caminetto
come ardevano a notte
le finestre schiuse
all'intenso sole
del primo mattino
su, su, allonsanfans
le bisacce a tracolla
i torrenti
di roccia in roccia
fino al lago
che specchia il cielo
le viottole nel bosco
d'ombre muschiose
il raccolto
di fragole e mirtilli
i baratri nebbiosi
dai quali
la montagna nel vento
di dirupo in dirupo
s'innalza fino al cielo
come una fiamma
* KEN: la montagna, esagramma numero 52 dell'I-Ching; simbolo della quiete (fisica, mentale, del cuore), quindi della serenità; lo stato del pendolo nel punto estremo della oscillazione, ossia nell'intervallo fra due movimenti; codice dei sei passi che conducono alla meditazione; non dissimile il significato della Tadasana yoga (posizione della montagna: base salda, cuore sereno, mente vigile). KEN fu da me scritta per Luigi Lenchantin, ufficiale di alto rango dell'esercito italiano, mio nonno materno (che non ho conosciuto), morto a Firenze il 30 settembre 1924, sepolto nel cimitero dell'Antella.
* Allonsanfans: titolo di un film dei fratelli Taviani (1974); traduce alla grafia italiana l'emistichio "allons enfants" (La Marseillaise), espressione presumibilmente usata da mio nonno allo svegliare le figlie, giacché in famiglia parlavano francese.
* la nobil donna: Caroly Bressa, moglie di Luigi, mia nonna materna.
* le figlie: furono quattro, Isabella (Marchi), Graziella (Ferrero), mia madre Marisa (vedi RITORNO) e, ultima, Fausta (vedi LA GUERRA).