CIRCULAR 124
COMPITI IN CLASSE
DIARIO
Il modo migliore di conoscere in poche ore la città è salire sul primo tram che passa ed acquistare il biglietto più caro. Si visitano così un paio di strade del centro, fermandosi ad ogni cantonata; la gente formicola sui marciapiedi, si aggruppa davanti alle vetrine dei grandi magazzini e sull'ingresso delle banche, conversa nervosamente dei propri affari.
Quando giunge al viale del parco municipale, il tram aumenta considerevolmente la velocità. Alcuni bambini giocano infervorati con la ghiaia; le balie voltano appena la testa udendo le rotaie stridere sotto la vettura gialla - e sorridono. Il silenzio delle piante è solo interrotto di tanto in tanto da voci pulite e canzoni d'uccelli, che subito tacciono. Il vento piega appena le foglie e scompiglia i capelli dei passeggeri, penetrando dai finestrini spalancati insieme col sole variegato dall'ombra dei platani.
Appena uscito dal parco il tram costeggia un fiumiciattolo dalle acque limacciose sulle cui rive crescono alla rinfusa canne ed erbacce; sull'argine qualche pioppo mostra il tronco bianco e la chioma spiumacchiata incastonati nel cielo.
Così si giunge al rione industriale. Donne spettinate con immense sporte di tela cerata fanno la spesa pigiandosi fra i banchi sudici del mercato. C'è odore di focacce all'olio e di pane salato. Quasi tutte queste donne sono vestite con sottane scozzesi, i cui disegni scoloriti non combaciano lungo le cuciture, e con maglie a multicolori strisce orizzontali dalle quali spuntano le braccia nude, robuste come cosce, e le grosse facce che ridono.
Non si direbbe che dall'altra parte della città ci sia il mare costellato di vele, calmo calmo, e che i primi villeggianti, seduti sulla sabbia, si stiano ungendo a vicenda le spalle, coll'olio di noci.
[Circa 1950]
Nota: Il Diario ed il Componimento erano i due principali esercizi di lingua delle scuole elementari dei miei tempi, oggi non so. Spedisco questa circolare in giugno, epoca di esami nell'emisfero nord. Agli esami di maturitá (1947, Liceo Dante di Firenze), che affrontai da privatista per recuperare un anno di studi, venni rimandato ad ottobre in Italiano per uno svolgimento troppo "moderno", nello stile e forse nelle idee, di un tema sull'evoluzione del concetto di Patria, dalla polis greca ai giorni nostri di allora. Nell'esame di riparazione mi limitai a un cauto commento della poesia di Carducci col "secco taglio della guardia", che mi sembra la sua migliore. Mi dettero un sette, che fu il voto più basso della mia ultima pagella.
COMPONIMENTO
Nel 1930, l'anno in cui sono nato, Ungaretti (Giuseppe, come il mio terzo nome - Aldo Marco Giuseppe) scrisse "La Madre", che dice:
E il cuore quando d'un ultimo battito
Avrà fatto cadere il muro d'ombra
Per condurmi, Madre, sino al Signore,
Come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all'Eterno,
Come già ti vedeva
Quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
Come quando spirasti
Dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m'avrà perdonato,
Ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d'avermi atteso tanto,
E avrai negli occhi un rapido sospiro.
Anche se, ad una prima lettura, questa poesia pare trascorrere sulla falsariga cattolica (Gesù, la madre nelle vesti della Vergine, il Giudizio), le immagini del catechismo di allora, all'approfondirle, mi sembrano usate per comunicare un credo personale basato su due pilastri: il culto agli scomparsi e la concezione della divinità come astrazione dello spirito, ossia Dio non come creatore, ma quale modello supremo della natura umana. Questi due elementi sono parte fondamentale delle mie convinzioni.
Se volete capirne di più, rileggetevi "La Madre" di Giuseppe Ungaretti (1930).
Buenos Aires, 19 giugno 2003
- Per: Mariella, Gabriele, Luciana, Carla, Eric, Alex, Lorenzo, Tatiana
- c/c Grazia, Lucia, Fausto.